Sono 1899. E per chi c’era, per chi ha
visto, per chi ha nuotato o per chi l’ha
anche solo sentito raccontare da qualche
amico lì presente, basterebbe dire
questo senza aggiungere altro. Quello
che raccontiamo ora lo raccontiamo per
gli altri, per quelli che magari non ne
avevano nemmeno sentito parlare e che
forse quel 1899 con cui siamo partiti
l’ha scambiato per qualche data
importante, per l’inizio di qualche
rivoluzione o chissà cos’altro. Cioè
1899 atleti classificati, e già così
suonerà più chiaro. Tre chilometri da
percorrere nelle acque poco profonde del
mar Adriatico, un titolo mondiale in
palio. I dati ufficiosi e le voci che
girano dicono che si tratti della più
grande gara di nuoto in acque libere di
sempre. Questo per il momento non è dato
saperlo con certezza, ma quel che rimane
di certo è che si tratta della gara in
mare con il maggior numero di iscritti
nella storia dei Mondiali Master,
all’interno della più grande edizione di
sempre, del più grande evento Master di
ogni disciplina sportiva. Tanti i
personaggi degni di nota che si sono
alternati nelle batterie da circa
cinquanta atleti alla volta, una ogni
quarto d’ora. Due i giorni di gare anche
se, inizialmente, tutti i partecipanti
sarebbero dovuti scendere in acqua nella
giornata di domenica. Come spesso accade
nelle gare Master sono stati i
rappresentanti delle categorie centrali
a farla, numericamente, da padroni, con
239 partenti nella sola categoria M45
maschile e le 100 atlete della categoria
M35 femminile, anche se l’attenzione di
molti si è catalizzata sulla manciata di
ultra ottantenni che si sono cimentati
nell’impresa con risultati anche degni
di nota. In vasca, è vero, capita anche
di incontrare degli atleti categoria M90
o simili, ma se tra le corsie e il mare
c’è una bella differenza, tra un 50
stile o una 3 km ce n’è ancora di più.
Un’edizione da record, dicevamo, come
conferma Stefano Maestri, organizzatore
di un Mondiale che passerà alla storia
del nuoto, che il giorno dopo la
conclusione della rassegna iridata
racconta pregi e problemi di questa tre
chilometri, la gara con più iscritti.
«La gara in mare è quella che, in un
certo senso, ci ha maggiormente preso in
contropiede perché negli ultimi dieci
giorni di apertura delle iscrizioni il
numero dei partecipanti è praticamente
raddoppiato e salito ben oltre i numeri
che ci aspettavamo. Ci siamo ritrovati
con 2400 accreditati e a questo punto la
FINA, per ovvi motivi di sicurezza, ci
ha imposto di dividere la gara in due
tranche, unica alternativa a quella di
non farla del tutto, visto che non era
possibile garantire l’incolumità di
tutte quelle persone se fossero scese in
acqua in una volta sola. Per noi si è
trattato di un problema solamente dal
punto di vista organizzativo perché
abbiamo dovuto in pratica raddoppiare
gli sforzi in termini di barche e
personale addetto alla sicurezza, mentre
un pochino peggio è andata ad alcuni
atleti che avevano in previsione di
partecipare ai 400 stile libero sabato
perché un piccolo gruppo si è ritrovato
costretto a saltare la gara. Va detto,
però, che si è trattato di un numero
veramente esiguo, mentre per tutti gli
altri non ci sono stati intoppi di alcun
genere».
Gli iscritti erano 2400, 1899 i
classificati, in mezzo qualche defezione
e qualche ritiro, ma tutto da
previsione. «E’ normale che in una gara
del genere ci possano essere dei ritiri,
ma eravamo preparati a qualsiasi
evenienza con un ospedale da campo
allestito sulla spiaggia. Ognuno dei
ritirati è stato immediatamente
trasportato a riva, dove lo aspettavano
dei medici per gli accertamenti. In ogni
caso, per essere ancora più sicuri di
non correre rischi, abbiamo preparato un
campo gara non troppo lontano dalla riva
in cui la profondità dell’acqua non
superava mai i due metri e mezzo.
Inoltre, con gli atleti così vicini alla
spiaggia, è stato anche possibile per il
pubblico seguire la gara con una
discreta visibilità».
Un bilancio nella sua totalità
assolutamente positivo, con lo stesso
Maestri che assicura che «se un mese
prima dell’inizio delle gare mi avessero
chiesto di firmare per un risultato del
genere l’avrei fatto ad occhi chiusi».
Un risultato impressionante per una gara
impressionante sia nel suo successo che
nelle sue dimensioni, una gara che
difficilmente troverà eguali nelle
edizioni future, parola del presidente
della FINA, che a manifestazione
conclusa, ha tenuto a spiegare agli
organizzatori di Riccione che mai la
federazione Internazionale si era
trovata a confrontarsi con numeri tanto
grandi e, nonostante la riuscita del
Mondiale, non sarà più reso possibile,
in futuro, ricreare una situazione
simile. Un Mondiale che resterà nella
storia, una gara, quella in mare, resa
unica dalle sue impensabili dimensioni,
rese tali , sembra scontato dirlo, da
ognuno dei suoi 1899 atleti e per questo
proprio alle parole di uno di loro,
Mauro Chiesa, lasciamo il compito di
raccontare la gara dei record. «Aver
partecipato a questo Mondiale per me
significa aver realizzato un sogno.
Ancora di più quando penso a quella che
è stata in questi anni l’avventura della
mia fantastica squadra: iniziata dal
nulla e quasi per caso da una “malsana”
idea buttata lì, tanto per, un caldo
pomeriggio di un ormai lontano agosto
del 2006. Penso che lo spirito Master
voglia significare essere parte di
quella che può essere considerata una
grande famiglia, allargata
in tutto il mondo e con in comune un
unico obiettivo: divertirsi nuotando.
Questo spirito si è visto e percepito
fin dal primo momento in cui siamo
entrati allo Stadio del nuoto di
Riccione. Per una settimana, una grande
atmosfera di festa, bandiere e colori di
tutto il mondo hanno accompagnato ore e
ore di gare non stop. Personalmente, al
posto delle gare in piscina ho preferito
affrontare i 3 Km di fondo in acque
libere. Una gara un po’ diversa dal
solito, ma che ci tenevo a fare. Volevo
provare a confrontarmi con la mia
capacità di non arrendermi, di stringere
i denti, di sorprendermi e di non
mollare.
Anche a livello di allenamento, penso
che preparare gare del genere ti aiuti
mentalmente a rapportarti con la
confusionaria società di oggi. Bisogna
fare dei sacrifici, essere precisi,
costanti e continuativi se si vogliono
ottenere dei risultati. E allora via:
bracciata dopo bracciata, gambata dopo
gambata, respiri e rimetti la testa
sott’acqua. Sono sempre gli stessi
movimenti fatti milioni e milioni di
volte. E in quegli attimi sei da solo,
contro il tempo, contro la fatica,
contro gli avversari, ma soprattutto
contro i tuoi limiti e con i muscoli che
iniziano a bruciare, contro un
cronometro che va avanti ma sta lì ad
aspettarti, contro la forza dell’acqua,
tua amica e nemica nello stesso tempo.
Sei da solo. Resisti, ma vai avanti, da
solo. Poi, la cosa più bella sono gli
amici e i compagni di squadra; non
importa il risultato, quando li vedi
all’arrivo là ad aspettarti ti rendi
conto di essere comunque parte di
qualcosa di grande, di un gruppo che è
tale in vasca, ma anche fuori. Ora,
calato il sipario e svuotatosi lo Stadio
del Nuoto si ritorna alla vita di tutti
i giorni, ma tutto quanto vissuto in
questo Mondiale non smetterà mai di
riempire il cuore a me e a tutti noi che
abbiamo partecipato e che amiamo questo
sport». |