Movimento amatoriale, ma non troppo,
dotato di spirito goliardico, ma solo
fino a un certo punto. Si è spesso
abituati a considerare il mondo Master
come il volto più giocoso e meno
impegnato del nuoto nostrano, ma se
questa definizione poteva andare bene
fino a qualche anno fa, sempre di più al
giorno d’oggi pare allontanarsi da
quella che è la realtà di questo
fenomeno, sempre più caratterizzato
dalla presenza di ex agonisti. Per
spiegare in poche e semplici parole
questo cambiamento, che come tutti i
movimenti di massa presenta numerose
sfaccettature, si potrebbe parlare di
professionalizzazione del mondo Master.
Sempre più atleti sono, infatti, coloro
che lasciano le gare assolute per
incompatibilità con gli studi
universitari, per l’impossibilità di
concentrarsi sull’attività sportiva a
tempo pieno o semplicemente per
diminuire i carichi di allenamento;
inoltre, in quella che potremmo definire
una sorta di punta dell’iceberg, l’ala
professionistica del mondo Master ha
iniziato sempre più spesso ad annoverare
ex campioni di calibro mondiale o
addirittura ex olimpionici. Un esempio
fra tanti è quello del sudafricano Ryk
Neethling, primo atleta sudafricano a
prendere parte a quattro edizioni
consecutive dei Giochi Olimpici, da
Atlanta 1996 fino a Pechino 2008,
medaglia d’oro con la 4x100 stile libero
ad Atene 2004, edizione in cui arrivò
quarto nella gara individuale. Dopo il
ritiro Neethling ha comunque deciso di
proseguire nella sua carriera da
nuotatore passando alle competizioni
Master. Era uno degli atleti più attesi
ai Mondiali di Riccione 2012, dove era
prevista la sua partecipazione nei 50
stile libero categoria M35, ma alla fine
non si è presentato ai blocchi di
partenza.
Non si può dire lo stesso di Oleg
Lisogor, ranista ucraino che gli
appassionati della vasca ricorderanno
per i due titoli mondiali individuali di
Fukuoka 2001 e di Melbourne 2007. Nei
suoi anni di attività agonistica ha
collezionato qualcosa come 51 medaglie
in competizioni internazionali
(Mondiali, Europei e Universiadi)
mancando solamente il podio per tanti
versi più ambito, quello olimpico.
Divenuto Master, a Riccione ha
gareggiato e vinto nella sua specialità
con il crono di 28”85, tempo di un
secondo e tre decimi inferiore rispetto
a quello del secondo classificato, ma di
un secondo e sette decimi superiore
rispetto al suo record Mondiale
risalente ai Campionati Europei di
Berlino 2002. Mezzi Master e mezzi
agonisti, per dirla in breve, sono
invece gli svedesi Lars Frolander e
Stefan Nystrand, il primo medaglia d’oro
a Sydney 2000 nei 100 farfalla e due
volte argento con la 4x200 stile libero,
il secondo detentore dei primati
mondiali dei 50 e 100 stile libero in
vasca corta. Il loro è un caso
leggermente diverso rispetto a quello
degli altri perché i due negli ultimi
anni hanno preso parte a diverse
competizioni Master, ma allo stesso
tempo hanno partecipato proprio la
scorsa estate all’Olimpiade di Londra.
Sarebbe possibile vedere anche da noi,
in Italia una cosa del genere? La
risposta è no, e non perché non ci
sarebbero atleti interessati ad un
doppio tesseramento, Master e
agonistico, bensì perché è il
regolamento stesso a non permetterlo.
Regole e categorie a parte, ciò che più
può destare curiosità nel ritorno in
vasca di tanti campioni che decidono di
dedicarsi alle competizioni amatoriali è
l’aspetto più personale, quello legato
alle motivazioni che spingono un atleta
che da agonista ha raggiunto il top a
rimettersi in gioco, a tornare in acqua
non più per lavoro, ma solo per
divertimento. Di questo e di altri
aspetti della vita di quelli che
potremmo chiamare i “Master Olimpici” ne
parla Roberta Crescentini, ex nazionale
azzurra, sesta classificata nei 50 rana
ai Mondiali di Fukuoka nel 2001.
Roberta, che ha militato costantemente
nell’Italinuoto per circa cinque anni,
ha abbandonato l’agonismo nel 2004 e
dopo sette anni di stop pressoché
assoluto è tornata in acqua due anni fa
con i Master della Larus Nuoto, la
stessa società per cui gareggiava da
professionista. «Non bisogna pensare che
chi torna a gareggiare da Master lo
faccia per le stesse motivazioni per cui
gareggiava da agonista; per quanto mi
riguarda l’ho fatto per la nostalgia che
avevo verso quegli aspetti della vita
quotidiana che riguardano la vita di uno
sportivo. Mi mancavano gli allenamenti,
ma sopra a tutto il resto mi mancava
l’andare a gareggiare. Avevo smesso di
nuotare quando ero ormai arrivata a un
punto di quasi totale rifuto rispetto
alla vita da atleta, per cui una volta
abbandonata l’attività agonistica per
sette anni non ne ho più voluto sapere
del nuoto. Poi il gruppo Master della
piscina in cui lavoravo mi ha invitato a
partecipare a qualche allenamento con
loro; me ne sono bastati due per
chiedere quando avrei potuto fare la
prima gara».
Se, dunque, non è la voglia di
gareggiare a cambiare, ciò che muta è
l’approccio alle competizioni. «La
voglia e le motivazioni sono sempre le
stesse, ma è chiaro che il livello di
tensione cala notevolmente», spiega
ancora la Crescentini, che nonostante
l’alto livello dei risultati ottenuti in
passato spiega di non essere quasi mai
stata un’atleta a tempo pieno. «Anche
durante gli anni in cui nuotavo in
Nazionale ho sempre affiancato un lavoro
agli allenamenti. Facevo la segretaria
per otto ore al giorno nella piscina in
cui nuotavo e mi allenavo per quattro
ore, due prima del lavoro e due dopo, ad
esclusione del mercoledì in cui lavoravo
e basta. Nello sport professionistico so
che il mio è un caso raro, ma la scelta
di ritagliarmi una vita normale in mezzo
a quella fatta di allenamenti e
collegiali mi ha permesso di svolgere
l’attività sportiva nel modo migliore,
tant’è vero che quando ho smesso di
lavorare per dedicarmi solamente al
nuoto ho perso in breve tempo la voglia
di allenarmi e, di conseguenza, ho
abbandonato l’attività. Quello che prima
per me era un divertimento, qualcosa che
facevo solo perché mi piaceva e perché
mi dava soddisfazioni, si era
trasformato di punto in bianco in un
lavoro, una cosa che sentivo di fare
perché ero obbligata. Da lì gli
allenamenti si sono fatti sempre più
pesanti, i sacrifici hanno cominciato a
farsi sentire e la piscina, intesa come
tutto ciò che riguarda la vita di un
nuotatore, mi è diventata
insopportabile. Ora le cose sono
diverse, sono tornata a nuotare, ma nel
modo che piace a me, tre volte alla
settimana, per un’ora e mezza circa. In
più, non avendo l’obbligo di fare
risultato, posso variare stili e
distanze. Ho ricominciato a fare un po’
di stile libero e di delfino, anche se
la prima gara della mia carriera Master
sono stati, tanto per cambiare, i 50
rana».
Si finisce poi a parlare degli obiettivi
di questa stagione. Ora che l’evento con
la e maiuscola, i Mondiali di Riccione,
è ormai archiviato, ora che detiene il
record Mondiali Master M35 nei 50 rana
sia in vasca lunga che in vasca corta,
il primato europeo nei 50 e nei 100
farfalla e nei 100 rana, cosa rimane
come punto di arrivo per una nuotatrice
che proprio del gareggiare ha fatto la
sua passione? «Per il momento non ho un
obiettivo particolare. Mi ero preparata
bene per Riccione perché sapevo che
sarebbe stato un bell’evento con tanti
partecipanti, e poi essendo in Italia
era anche comodo da raggiungere. L’anno
prossimo ci saranno i Campionati Europei
in Olanda, ma saranno a settembre e
partecipare vorrebbe dire continuare ad
allenarsi per tutta l’estate, per cui
penso che, a meno di decisioni
dell’ultimo minuto, non vi prenderò
parte.
Quest’anno quindi, gareggerò
semplicemente pensando a un meeting alla
volta, senza pormi obiettivi a livello
di tempo o di risultati particolari,
anche perché, da questo punto di vista,
ho già fatto quello che dovevo fare». |