Nello sport d'elevata prestazione se si
vuole restare ai vertici è necessario
riuscire a tollerare carichi elevati sia
di allenamento sia di gara. Si deve
tenere conto, inoltre, che gli atleti di
questo livello, oltre all'allenamento e
alle gare sono sottoposti a numerosi
altri fattori di stress, quali i viaggi,
con i relativi cambiamenti di clima e di
orario, gli impegni derivanti dagli
interessi dei media, dai desideri degli
sponsor e i conflitti sia nell'ambiente
sportivo, sia nell'ambiente sociale e
nella sfera privata. In molti sport la
somma dei carichi di allenamento e di
gara e degli altri fattori di stress
hanno ormai raggiunto un livello tale da
rendere difficile un ulteriore
miglioramento delle capacità di
prestazione unicamente attraverso il
processo di allenamento. Per questa
ragione, molti atleti e molti allenatori
attribuiscono un elevato potenziale di
miglioramento della capacità di
prestazione al processo di rigenerazione
successivo a gare impegnative e ad
allenamenti di intensità elevata. Per
questa ragione è sorprendente che -
contrariamente a quanto avvenuto per
l'allenamento - solo in questi ultimi
anni la rigenerazione sia diventata
sempre più oggetto di interesse
scientifico. Le ragioni di ciò possono
essere ricercate, da un lato, nel fatto
che finora non esiste una definizione
chiara e univoca di rigenerazione, e
dall'altro nella mancanza di marker
affidabili che permettano di valutare lo
stato acuto di sollecitazione (stress) o
di recupero. Malgrado questi due
problemi restino ancora aperti, esiste,
comunque, un'ampia offerta di misure di
rigenerazione, ipoteticamente efficaci,
che vengono pubblicizzate in parte in
modo molto aggressivo da coloro che le
propongono (o le producono), senza
alcuna prova scientifica della loro
efficacia (Meyer 2010). Questo articolo
si propone per prima cosa di cercare di
formulare una definizione del concetto
dal punto di vista della medicina e
della scienza dello sport. Passeremo,
poi, a fornire un quadro dei possibili
metodi che permettono di controllare
sollecitazione e rigenerazione e della
possibilità di utilizzarle nella prassi
dello sport di elevata prestazione. Per
finire discuteremo sia i metodi abituali
di rigenerazione sia la loro
legittimazione scientifica, in modo tale
che se ne possano ricavare
raccomandazioni per la pratica.
La rigenerazione: di cosa si tratta? Una
definizione del concetto.
Nello sport di vertice un presupposto
necessario per indurre quegli
indispensabili adattamenti che
permettono di ottenere prestazioni di
altissimo livello è rappresentato da
carichi intensivi di allenamento
realizzati con l'opportuna frequenza.
Oltre agli adattamenti che si vogliono
ottenere, però, un allenamento intensivo
comporta, inevitabilmente, una
sollecitazione (stress) o uno stato di
affaticamento dell'organismo, che esso
tollera entro una certa misura. Così, ad
esempio, nel quadro di un raduno di
allenamento, si applicano
intenzionalmente stimoli di allenamento
di densità elevata allo scopo di
preparare l'organismo a quanto gli
richiederà in futuro la gara. Ciò
provoca un aumento
dell'affaticamento/sollecitazione, che,
al termine del raduno potrà essere fatto
regredire attraverso una fase di
rigenerazione della durata di più giorni
(cosiddetto "superallenamento
funzionale" o "overreaching"). La
prestazione sportiva attuale, quindi,
mostra di essere una funzione
dell'adattamento (positivo) o
dell'affaticamento (negativo).
Normalmente, la funzione di adattamento
e più duratura di quella di
affaticamento, per cui si può produrre
un aumento della prestazione. Se i
carichi di allenamento o di gara
superano la capacità di carico
dell'atleta o a essi si aggiungono
ulteriori fattori di stress come viaggi,
cambiamenti di fuso orario o di clima,
permanenza in altitudine, infezioni o
infortuni non curati completamente, si
può produrre un "traboccamento" della
funzione di affaticamento, e di
conseguenza si produce un ristagno o un
regresso della capacità di prestazione.
Si tratta di uno stato spesso definito
"super-allenamento non funzionale" e
richiede una fase di rigenerazione che
non dura più alcuni giorni, ma più
settimane prima che si ristabilisca la
normale capacità di prestazione. Nei
casi estremi si può arrivare a una
sindrome da superallenamento che può
porre fine alla stagione o alla carriera
dell'atleta se, ad esempio, questa
sindrome si presenta continuamente.
Poichè, per il momento, non esiste una
definizione di validità generale di
rigenerazione nelle condizioni
specifiche dello sport (Kellmann 2002) e
non sono chiari i meccanismi fisiologici
che ne sono alla base (Bleakley, Davison
2009; Faude 2007), dal nostro punto di
vista è opportuno scegliere una
definizione pragmatica di questo
concetto: per rigenerazione si può
intendere una inversione dello stato di
affaticamento/sollecitazione indotto
dall'allenamento. I cambiamenti che sono
associati all'affaticamento possono
avere un decorso diverso che dipende dai
diversi stimoli specifici di allenamento
e richiedono tempi diversi e misure di
ristabilimento anche esse diverse. Dal
nostro punto di vista deve essere
sottolineato che, oltre ai cambiamenti
di natura fisiologica, anche i processi
di natura psicologica svolgono un ruolo
essenziale nell'affaticamento e nei
processi di recupero (Kellmann 2002;
2010) e per questa ragione, sia nella
pratica sia nella ricerca sullo sport, è
raccomandabile un approccio
interdisciplinare (Meyer 2010). Nella
pratica dello sport di vertice un
problema di rilevante importanza è
rappresentato da un controllo sicuro e
affidabile della sollecitazione e della
rigenerazione tale da permettere che con
il suo aiuto si possa determinare quale
sia il bisogno di adeguati interventi di
rigenerazione, diretti a impedire un
eccessivo esaurimento e garantire così
il successo dell'allenamento.
Quali sono le misure appropriate di
rigenerazione?
Attualmente esiste un grande numero di
presunte misure di rigenerazione, che
spesso vengono proposte in modo molto
aggressivo, mentre si è sviluppata una
industria specializzata che mira a
questo settore. Non è sempre facile
distinguere le proposte serie da quelle
inefficaci o addirittura potenzialmente
pericolose. Nella scelta di misure
appropriate di rigenerazione è utile
scegliere un metodo basato su prove di
efficacia (evidence-based), cioè
limitarsi a quelle proposte la cui
efficacia può essere provata da dati di
ricerche scientifiche (Barnett 2006;
Meyer 2010). Qui di seguito forniremo un
panorama sui metodi usuali di
rigenerazione e una valutazione delle
prove scientifiche della loro efficacia.
Nell'ambito di questo lavoro non sarà
possibile trattare tutti i metodi di
rigenerazione: per questa ragione ci
limiteremo a quei metodi che sono
rilevanti per la pratica o
esaurientemente trattati dalla
letteratura scientifica.
Dieta equilibrata e apporto di fluidi.
Una dieta equilibrata e un apporto
adeguato di fluidi possono influenzare
notevolmente la capacità di prestazione
sportiva e offrire la possibilità di
tollerare un allenamento intensivo per
un lungo periodo di tempo (Achten 2004).
I carboidrati, rappresentando la
principale fonte di energia, sono
estremamente importanti. E' necessario,
quindi, che le riserve di carboidrati -
ciò dipenderà dal carico attuale di
allenamento - vengano ristabilite in
misura tale da permettere che la
successiva unità di allenamento possa
essere realizzata con l'intensità
voluta, tenendo conto però, sia del
bisogno globale di energia, sia delle
esigenze individuali e specifiche dello
sport praticato. Un apporto adeguato di
carboidrati è importante, soprattutto
negli sport che presentano un adeguato
dispendio energetico (sport di
resistenza) e in periodi che prevedono
elevati volumi di allenamento. Se sono
programmate due unità di allenamento
entro un periodo fino a 8 ore, la
ricostituzione delle riserve di
carboidrati deve iniziare immediatamente
dopo il primo carico (Robson-Ansley et
al. 2009). Quindi, all'interno delle
prime quattro ore debbono essere assunti
circa 1 gr. di carboidrati per kg di
peso corporeo e per ora. Il modo più
pratico è quello di ricorrere a spuntini
o a bevande ricche di carboidrati. Se si
dispone di un tempo maggiore tra due
unità di allenamento, tipologia e
momento del consumo di alimenti non
presentano lo stesso livello di
importanza. Deve essere ricordato che,
anche se esistono prove che un
allenamento in stato di deplezione delle
riserve di glicogeno può incrementare
l'efficacia di un allenamento della
resistenza (Hawley et al. 2006), occorre
una riflessione sul fatto che se questo
genere di "manipolazione"
dell'allenamento viene utilizzata troppo
frequentemente esiste anche il rischio
che si producano un accumulo di fatica o
una rigenerazione insufficienti. Il
ristabilimento delle riserve di
carboidrati può essere aiutato dalle
proteine (Hawley et al. 2006). Ciò può
essere importante se la possibilità di
un'assunzione adeguata di carboidrati
può essere limitata.
Altrimenti, le proteine sono importanti
soprattutto per la costruzione delle
strutture proteiche (cioè per gli
adattamenti di allenamento) e meno per
la rigenerazione. Per questa ragione è
importante l'apporto netto di proteine,
che migliora se esse vengono assunte
combinate con i carboidrati in un tempo
ravvicinato rispetto all'allenamento
(nell'allenamento della forza ciò può
avvenire anche prima di esso). Comunque,
di regola (anche per i vegetariani) sono
sufficienti le proteine che vengono
assunte attraverso una dieta
equilibrata, per cui non si è obbligati
a ricorrere necessariamente a una
integrazione attraverso preparati
proteici. Lo stesso vale anche per
l'apporto di micronutrienti attraverso
integratori alimentari. Nel caso di una
dieta isocalorica equilibrata, di
regola, per agevolare la rigenerazione
non è necessaria alcuna supplementazione,
in particolare se si pensa a possibili
effetti collaterali non voluti, come un
peggioramento del sistema di difesa
endogeno dell'organismo, e la
contaminazione con sostanze doping (Geyer
et al. 2004; Power et al. 2004). Le
eccezioni possono essere rappresentate
dalla diagnosi di stati di carenza (ad
esempio di ferro) o da viaggi in aree
nelle quali esiste una scelta limitata
di nutrienti. Oltre al rifornimento di
energia, un ruolo essenziale viene
svolto dall'apporto di fluidi (Shirrefs
et al. 2004). Una idratazione adeguata è
importante per tutti gli atleti,
compresi quelli che praticano sport di
forza o di forza rapida. La formula
aurea è che per ogni chilogrammo di peso
corporeo che si perde in allenamento
occorre consumare minimo 1,2 l di fluidi
(Shirrefs et al. 2004). Ciò è
particolarmente importante quando
l'allenamento o le competizioni si
svolgono con temperature ambientali e
con umidità atmosferica elevate. Quando
si suda molto si deve fare attenzione a
un sufficiente apporto di sale (sodio),
anche se di regola esso può essere
assicurato dalla dieta. L'alcool
prolunga la fase di rigenerazione, per
cui, possibilmente, occorre evitarne il
consumo (Shirrefs, Maughan 2006).
Applicazioni del freddo.
Negli ultimi anni per agevolare la
rigenerazione si sono largamente diffuse
le applicazioni del freddo (Bleakley,
Davison 2009; Faude et al. 2010; Leeder
2011), nella maggior parte sotto forma
di bagni (immersioni) in acqua
ghiacciata. Una meta-analisi recente
mostra che bagni di ghiaccio sono in
grado di diminuire lo stress muscolare
(valutato, ad esempio, attraverso la
comparsa del dolore muscolare o
attraverso la concentrazione di
creatinchinasi nel sangue) come anche la
diminuzione del rendimento (sia nel
settore della forza rapida sia anche
della resistenza) dopo carichi intensivi
(Leeder et al. 2011). Tali esiti si
possono prolungare per più giorni,
quindi, in gare che durano da giorni ad
alcune settimane (a esempio, Campionati
mondiali di canottaggio o di canoa,
tornei nei giochi sportivi, gare a tappe
nel ciclismo) e che richiedono la
massima prestazione a intervalli
regolari, sono possibili effetti
rilevanti per la prestazione sportiva
(fino a circa il 5% in più rispetto alla
rigenerazione puramente passiva). Deve
essere notato, comunque, che gli studi
che sono stati valutati nella
meta-analisi in parte sono stati
eseguiti su persone che non praticavano
sport di alta prestazione.Inoltre, non
erano state sufficientemente considerate
le tipiche condizioni dello sport di
prestazione. Un ulteriore studio (anche
esso non condotto su atleti di alto
livello) ha trovato persino minori
adattamenti di allenamento dopo
l'immersione in acqua fredda (Yamane et
al. 2006). Probabilmente il freddo
reprime i processi infiammatori e i
meccanismi di riparazione necessari per
gli adattamenti. Per questa ragione, per
il momento non sarebbe possibile
consigliarne l'utilizzazione regolare
durante le fasi intensive di
allenamento. A questo punto, infatti, vi
è necessità urgente di un ulteriore
chiarimento scientifico. Un metodo che
viene utilizzato attualmente è anche
l'impiego di camere del freddo, con
temperature fino a oltre -100° gradi
Celsius. Per il momento esistono solo
due studi che hanno indagato l'effetto
di una camera del freddo sul recupero
della capacità di prestazione sportiva.
Mentre in una ricerca recente sono stati
osservati effetti positivi della camera
del freddo sul recupero della massima
estrinsecazione di forza degli estensori
della gamba (Hausswirth et al. 2011),
altri Autori (Costello et al. 2011) non
sono riusciti a trovare alcun effetto
positivo rispetto a una condizione di
controllo.
In queste ultime ricerche citate, la
terapia del freddo è stata applicata,
però, solo 24 ore dopo un carico
eccentrico intensivo degli estensori
della gamba. Si tratta di una prassi che
solo con cautela può essere interpretata
come una indicazione rilevante a livello
pratico, perchè, se possibile, il freddo
dovrebbe essere utilizzato
immediatamente dopo carichi intensivi.
Se si tiene conto della scarsità di
evidenze è auspicabile che siano
realizzate ulteriori ricerche
scientifiche. Infatti, già sono stati
riferiti effetti collaterali
indesiderati (ad esempio lieve bronco
costrizione) a seguito di una sua
utilizzazione cronica nello sport di
elevata prestazione (Smolander et al.
2006). Per questa ragione, per il
momento, non è consigliabile un largo
impiego del freddo senza una adeguata
riflessione. Le camere del freddo sono
relativamente costose (acquisto e
manutenzione) e il loro impiego è legato
ad un luogo fisso. Se si tiene conto dei
dati scientifici disponibili e di
considerazioni di natura economica, per
il momento, la soluzione più praticabile
nello sport di elevata prestazione
sembrano essere i bagni in acqua fredda.
Metodi attivi di rigenerazione.
Nella pratica molto spesso si possono
osservare metodi attivi di
rigenerazione, ad esempio la "corsa di
defaticamento", attraverso la quale
rispetto a un recupero puramente passivo
si accelera lo smaltimento del lattato
dopo carichi di intensità elevata. La
sua importanza nel processo di
rigenerazione a lungo termine
presumibilmente potrebbe essere
trascurabile (Barnett 2006). I risultati
degli studi sull'effetto acuto del
recupero attivo sulla capacità di
lavoro, tuttavia, non sono univoci (Coffeyu
et al. 2004; Greenwood et al. 2008).
Inoltre esiste il rischio che,
attraverso una attività di corsa di
defaticamento successiva a carichi di
intensità elevata, possa essere
compromessa la risintesi del glicogeno (Barnett
2006; Robson-Ansley et al. 2009). Dopo
fasi intensive di allenamento come
misure di rigenerazione si ricorre anche
a periodi di più giorni di recupero
attivo con intensità scarse. Si è visto,
ad esempio, che in questo modo si
possono eliminare diversi cambiamenti di
natura ormonale e immunologica che
possono essere ricondotti
all'affaticamento indotto
dall'allenamento (Faude et al. 2009;
Meyer et al. 2004). Occorre però fare
attenzione a scegliere, insieme a una
bassa intensità, un volume scarso di
allenamento. Per il momento, però, non è
possibile rispondere in modo definitivo
alla domanda fino a che punto una simile
fase attiva di rigenerazione sia
superiore in misura rilevante a un
recupero solamente passivo.
Ulteriori misure che sostengono la
rigenerazione.
Altre misure che si utilizzano nello
sport di elevata competizione, in quanto
si suppone che possano facilitare la
rigenerazione, sono rappresentate
dall'abbigliamento compressivo, dall'elettrostimolazione,
dallo stretching o dai massaggi. Per
quanto riguarda la compressione sono
stati riferiti effetti positivi (Chatard
2004) sulla capacità di prestazione di
atleti di 63 anni di età, ma la
possibilità di trasferire questi
risultati allo sport di prestazione è
discutibile (Barnett 2006). Esistono,
inoltre, dati secondo i quali con la
compressione possono essere minimizzati
danni e traumi muscolari dopo carichi di
intensità elevate e sport di contatto (Gill
et al. 2006; Kraemer et al. 2001). Per
quanto riguarda le altre misure fino ad
oggi non esistono dati convincenti che
ne giustifichino l'utilizzazione come
misure efficaci di rigenerazione (Barnett
2006; Robson-Ansley et al. 2009). Alle
volte si incontrano strategie
farmacologiche di rigenerazione,
soprattutto attraverso la
somministrazione di farmaci
antiflogistici non steroidei (ad
esempio, acido
acetilsalicilico/Aspirina, Ibuprofene,
Paracetamolo, Diflofenac), poichè non
soltanto svolgono un'azione di
soppressione del dolore ma, anche,
antiinfiammatoria. I dati scientifici
per quanto ne riguarda gli effetti sulla
capacità di prestazione sportiva sono
eterogenei (Barnett 2006). Inoltre,
sussiste il rischio di effetti
collaterali indesiderati, specie se il
loro uso è frequente e/o cronico. In
molti studi condotti su animali si è
osservato che è possibile che possano
essere inibiti adattamenti di
allenamento (Bondesen et al. 2004;
Soltow et al. 2006). Per questa ragione
sarebbe necessario evitare una
utilizzazione di tali farmaci senza loro
prescrizione medica. Una insufficienza
prolungata di sonno, con i cambiamenti
ormonali e immunologici che ne sono una
conseguenza, possono produrre effetti
negativi sulla capacità di prestazione
fisica, la qualità dell'allenamento e lo
stato generale di benessere (Halson
2008; Robson-Ansley et al. 2009).
Inoltre, sono stati riferiti disturbi
del sonno nello stato di
superallenamento. Si suppone perciò che
il sonno svolga un ruolo essenziale nel
recupero della preparazione ai carichi
di gara o durante essa. Se ci si chiede
quale sia la quantità sufficiente di
sonno e cosa sia un sonno di buona
qualità non è possibile ottenere una
risposta di carattere generale perchè il
sonno deve essere considerato qualcosa
di molto individuale (Halson 2008;
Robson-Ansley et al. 2009). Come
raccomandazione generale, però, si può
affermare che si deve dormire in misura
tale da sentirsi ben svegli durante la
giornata. Ciò non è sempre possibile, ad
esempio durante viaggi che comprendono
variazioni di fuso orario o altri generi
di condizioni esterne, e le singole
persone sono soggette a problemi di
sonno (Halson 2008). In questi casi
possono essere utili brevi pause di
sonno (sonnellini di durata fino a 30
minuti) durante la giornata. Perciò un
compito importante per gli allenatori,
gli atleti e coloro che li assistono è
rappresentato dalla scelta di camere o
alberghi situati in ambienti adatti
anche per quanto riguarda una buona
qualità di sonno (Robson-Ansley et al.
2009).
Conclusioni finali e consigli per la
pratica basati su prove di efficacia.
Per riassumere si può affermare che, per
il momento, la situazione dei dati
scientifici sul tema della rigenerazione
è molto scarsa. Ad esempio, esiste una
necessità urgente di ricerche che
riguarda i modelli (psico-fisiologici)
di spiegazione dei processi di recupero,
tali da rendere possibile una
definizione della rigenerazione dal
punto di vista teorico e fisiologico.
Quando vi sarà una profonda comprensione
del meccanismo d'azione che si trova
alla base della rigenerazione,
probabilmente sarà possibile controllare
in modo attendibile il recupero durante
il processo di allenamento, anche su
base individuale. Un ulteriore grande
necessità di studi di elevato valore
qualitativo riguarda tutto l'aspetto
delle misure di rigenerazione che
possono essere integrate in maniera
adeguata nel processo di allenamento
dello sport di elevata prestazione. Per
quanto riguarda la pratica occorre stare
attenti a fare in modo che non venga
accettata e provata ogni proposta che
promette una rapida rigenerazione,
poichè vi può essere sempre il pericolo
di effetti (collaterali) indesiderati o
di peggioramenti della prestazione.
Anche in questo caso una responsabilità
particolare spetta all'ambiente che
ruota intorno agli atleti, agli
allenatori, ai medici, ai ricercatori
scientifici e ai fisioterapisti. Le
misure di rigenerazione si debbono
basare su dati scientifici sicuri. Se si
considera che la pratica, giustamente,
pone di continuo l'esigenza che abbiano
rilevanza solo i dati ottenuti da
ricerche su atleti di elevata
qualificazione, allora occorre
sottolineare che, se si vuole consentire
un ulteriore progresso nel processo di
allenamento che assuma la forma di un
input innovativo, deve essere consentita
questa ricerca qualitativamente elevata
con gli atleti e su gli atleti. Ciò vale
non soltanto per il settore della
rigenerazione ed è una richiesta da
porre ad allenatori e atleti. Ciò
potrebbe fare in modo che sia più
difficile che la scena sia occupata da
"guru" che hanno scopi puramente
commerciali. Per concludere, in base
allo stato attuale delle nostre
conoscenze si possono formulare queste
raccomandazioni per la pratica: il
controllo della sollecitazione e della
rigenerazione, oltre che dalle
impressioni e dalle esperienze
soggettive delle persone interessate,
dovrebbe essere completato
dall'utilizzazione finalizzata di
parametri oggettivi e rilevanti per la
pratica (secondo le procedure
precedentemente descritte). Una
valutazione relativamente affidabile è
già possibile sulla base di un gruppo
(rilevante, ad esempio, negli sport di
squadra), mentre i risultati su base
individuale dovrebbero essere
interpretati con una opportuna cautela,
perchè limitazioni del volume e
dell'intensità decise in base alla
diagnosi di un bisogno di rigenerazione
rappresentano interruzioni rilevanti nel
processo di allenamento che possono
ostacolare uno sviluppo a lungo termine
della prestazione. Per quanto riguarda
le misure dirette a sostenere la
rigenerazione, se si tiene conto del
patrimonio attuale di dati scientifici
(relativamente insoddisfacente) del
quale disponiamo, si dovrebbe procedere
con cautela. Per il momento, una
alimentazione adeguata, applicazioni di
freddo (se volute e accettate
individualmente), un recupero attivo (ad
esempio, corsa di defaticamento) di
volume e intensità scarsi e una quantità
sufficiente di sonno, accanto a una
pianificazione individuale preventiva (periodizzazione
proattiva) e una documentazione adeguata
dell'allenamento, sembrano essere le
possibilità più adeguate a sostenere il
processo di recupero e, quindi, anche a
garantire la qualità delle necessarie
fasi intensive di allenamento. I
processi di rigenerazione richiedono
tempo e quei "mezzi miracolosi" che
promettono una rigenerazione
(straordinariamente) rapida, a meno che
non vi sia una evidenza scientifica
incontestabile dovrebbero essere presi
in considerazione con estrema cautela.
Occorre, infatti, sempre tenere conto
della possibilità di effetti
collaterali, di peggioramenti della
prestazione e di potenziali conflitti
con le attuali regole anti-doping.
Traduzione dal tedesco di Mario
Gulinelli (coordinatore di redazione "Sds")
da Leistungssport, 3, 2012.
Titolo originale: Regeneration in
Leistungssport. |